14/02/18

24 Bimbi abbandonati a morire in auto: la Russia prende l’iniziativa e prepara una legge.



24 Bimbi abbandonati a morire in auto: la Russia prende l’iniziativa e prepara una legge.
L’ASAPS torna sulla ricerca del 2015: si tratta di un’emergenza praticamente ignorata, nonostante le centinaia di piccole vittime, uccise dal caldo, dal freddo e da altri incidenti.



(ASAPS) – Mosca (Russia) – La chiamano “Forgotten Baby Syndrome” (FBS), Sindrome del Bimbo Dimenticato, da tempooggetto di accuratissimi studi e osservazioni: si tratta di un fenomeno molto frequente anche nello sterminato territorio della Federazione Russa, soprattutto nei grandi centri urbani della ex URSS, tanto da spingere il ministro degli Interni Vladimir Kolokol'cev a far approvare alla Duma di stato – il parlamento federale – una modifica al codice della strada che stabilisce il divieto di lasciare soli in auto i bimbi di età inferiore ai 7 anni.
Per chi sgarra, in assenza di conseguenze più gravi, per le quali vige il codice penale, sono previste sanzioni di 2.500 rubli (circa 36 euro). A far rispettare la norma toccherà alla Polizia Stradale, cui è stata diramata nelle scorse settimane una circolare nella quale è sintetizzato lo scopo della nuova legge, varata con l’approvazione dei dicasteri federali di Giustizia e Sanità anche alla luce di alcune relazioni redatte dalle agenzie specializzate. Secondo gli esperti, che da tempo chiedevano l’introduzione di una normativa in materia, sulla scorta di alcuni tragici eventi (in Russia non c’è solo il caldo ad uccidere ma anche, e soprattutto, il gelido “generale Inverno”), l’ordinamento stradale non poteva prescindervi e ora sono stati accontentati, pur con qualche difficoltà: per assurdo, infatti, si sono levate le voci contrarie di alcune associazioni per le quali sarebbe stato sufficiente, anziché prescrivere la necessaria presenza di un soggetto maggiorenne, prevedere la possibilità di poter lasciare uno o più bimbi “under 7” in compagnia di un fratello o di una sorella più grandi.
I casi innescanti: nel luglio 2015, nel parcheggio di un centro commerciale di Ulyanovsk (nell’alto Volga), una bambina di 6 anni è rimasta uccisa in un incidente che ha dell’incredibile: lasciata sola in macchina dal padre e dalla madre, la piccola si è sporta dal finestrino azionando accidentalmente – questa è la ricostruzione della polizia – l’alzacristalli e restando soffocata per impiccamento. I genitori, accusati di omicidio colposo, con una lunga sfilza di circostanze aggravanti, hanno spiegato che avevano lasciato la figlia in macchina perché non interferisse con gli acquisti (almeno così risulterebbe dalla traduzione dell’articolo di stampa utilizzato nell’ambito di questa ricerca (ndr), rilasciando dichiarazioni molto simili a quelle di altri due genitori arrestati a Stavropol (Russia sud-occidentale) un mese dopo, dove in un evento dalla dinamica pressoché identica, ha perso la vita un bambino di due anni.
Dunque, non solo il fattore climatico potrebbe essere causa di incidenti con il coinvolgimento di bambini lasciati soli in auto: si pensi che nel territorio di Trans-Baikal (regione montuosa della Siberia), nel febbraio 2016, un genitore lasciò soli nell’auto parcheggiata nei pressi di uno stagno, ben 6 bambini. Uno di essi avrebbe disinserito il freno a mano, causando il movimento del veicolo finito poi in acqua: per tre di essi, rispettivamente di due, cinque e otto anni, non c’è stato niente da fare.
Negli USA la NHTSA (National Highway Traffic Safety Administration) calcola che i bambini vittima di abitacoli surriscaldati sono circa 38 all’anno, con un computo di oltre 600 vittime dal 1998, con il triste primato per stati riconosciuto al Texas. Il dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di San Francisco ha redatto uno studio che analizza in fenomeno della dimenticanza, collaborando con il SFPD, la polizia metropolitana, ad un programma di prevenzione generale, e mentre le tragedie si susseguono molti esperti accusano le case costruttrici di veicoli di  disinteressarsi del problema: c’è chi pensa ad alcune App, chi invece – come la stessa ASAPS – preferisce la vecchia soluzione: sensore sul sedile e sul seggiolino che inibisca la chiusura del veicolo e l’attivazione di un allarme che risvegli dal torpore l’adulto distratto dalla sua routine giornaliera. In altre precedenti nostre ricerche, abbiamo spiegato che il problema è proprio la routine: secondo la pediatra statunitense Sara  Connolly, autrice di uno studio pubblicato sul sito internet Bundoo.com – portale americano che si occupa di salute infantile – la Sindrome può potenzialmente colpire tutti e, anzi, la maggior parte dei genitori che si trovano a vivere questa esperienza, sarebbero tra i più amorevoli, spesso impegnatissimi a crescere i propri figli e destinati, proprio per questo, ad essere “irrimediabilmente segnati dall’incidente”. Incidente dunque, secondo lo studio della Connoly, e non vero e proprio crimine, per quanto involontario.
Il dottor David Diamond, professore di psicologia, farmacologia molecolare e fisiologia presso la University of South Florida di Tampa, ha dedicato la propria carriera alla ricerca delle valutazioni circa gli aspetti neurobiologici della FBS: il suo parere è che sia la routine a spianare la strada alla fatale dimenticanza: la quotidianità dei sempre maggiori impegni porta il soggetto a vivere l’uniformità della consuetudine con il coinvolgimento di una minima parte di pensiero cosciente. Pian piano, secondo le ricerche, queste azioni passerebbero alla gestione di quella parte della corteccia chiamata motoria. L’esempio classico è la guida nel percorso quotidiano tra casa e
lavoro, sempre con lo stesso percorso . “Alla fine – spiega il dottor Diamond – possiamo farcela anche senza pensare. In effetti, la nostra memoria motoria ci libera dal dover pensare le azioni di routine che dobbiamo ancora fare perché il completamento del compito è routine già collaudata.”
Una specie di riflesso inconsapevole, capace di alienarci dalla realtà oggettiva e che empiricamente ci ricorda la distrazione tipica di chi parla al cellulare mentre cammina o guida: può passarci accanto la persona più bislacca e noi non ce ne accorgiamo. Questa fase inconsapevole della nostra azione è però contrastata da quella parte di cervello – l’ippocampo – che ne controlla la parte cognitiva, capace di scuoterci e farci prendere una decisione diversa dalla routine, come ad esempio fermarsi in un negozio lungo il percorso abituale.
Il dottor Diamond spiega che nella Sindrome del Bambino Dimenticato, la parte di cervello in cui si trova il centro della memoria motoria compete con la parte cognitiva del cervello e se prende il sopravvento, in parole povere, è capace di non far tenere in assoluto conto il messaggio dell’ippocampo: sappiamo bene che dobbiamo fermarci al negozio ma la circostanza è ignorata, quasi cancellata, e così ci troviamo nel garage di casa
senza aver fatto la sosta che ci eravamo prefissati di fare. I casi osservati dagli studiosi americani, hanno infatti verificato che i casi di abbandono hanno avuto come protagonisti genitori tratti fuori dalla loro abituale routine, come ad esempio quello che si è trovato a dover accompagnare eccezionalmente il bambino all’asilo, compito necessariamente espletato dal partner. La corteccia in cui ha sede la memoria motoria del cervello, dice al corpo di andare al lavoro, vincendo il braccio di ferro con l’ippocampo, facendo completamente dimenticare al soggetto che deve fare una sosta o che deve deviare dal percorso abituale e facendogli addirittura dimenticare che sul sedile posteriore c’è il
bambino. Qui si consuma il dramma: del bambino non resta alcuna traccia nella testa del genitore, intimamente convinto che il bebè sia con il partner.
La NHTSA ha ideato una procedura che viene normalmente insegnata nei corsi preparto: alla discesa dal veicolo lo stesso deve essere ispezionato secondo un metodo preciso. Agli studi neurobiologici si aggiungono quelli più spicci degli investigatori dell’NHTSA, secondo i quali tra le cause principali di
questi incidenti vi sono stanchezza e stress dei genitori, ma anche disattenzioni così banali e immorali da divenire imperdonabili agli occhi di giudici e opinione pubblica.
Alla Rice University (Houston, Texas) è stato messo a punto un sistema d’allarme capace di rilevare la presenza del bambino a bordo 30 secondi dopo la chiusura delle portiere e che invia un messaggio di testo al telefono del proprietario, oltre ad azionare un segnale di pericolo visivo ed acustico capace di attirare l’attenzione di chi si trovi a passare nei paraggi del veicolo. In caso di mancata risposta, il software inizia ad inviare chiamate ad una lista predefinita di contatti secondari ed al 9-1-1 (esattamente come un allarme antifurto), comunicando la posizione esatta dal veicolo, per avere sul posto polizia, vigili del fuoco e sanitari.
Secondo gli esperti statunitensi, la causa di morte delle piccole vittime dimenticate negli abitacoli roventi è la crisi cardiaca e la maggior parte di esse aveva meno di 5 anni. Gli studi tecnici dicono che in una giornata di 25 gradi con cielo coperto, la temperatura interna di un abitacolo arriva rapidamente a 35. Peraltro, il 29% dei bambini morti erano entrati in auto da soli, sfuggiti alla sorveglianza dei genitori e poi rimasti chiusi per effetto dell’elettronica, ma il 52% dei casi investigati sono stati semplicemente dimenticati e il prezzo pagato è altissimo anche in relazione all’incapacità di un corpo così giovane di resistere a temperature così alte.
La dottoressa Leticia Manning Ryan, medico pediatra al “Johns Hopkins” di Baltimora (Maryland), chiarisce che la temperatura del corpo di un bambino sotto i 5 anni cresce 5 volte più rapidamente rispetto ad un soggetto adulto. “Quando la temperatura interna di un bambino raggiunge i 40 gradi – spiega – le funzioni degli organi principali cominciano ad arrestarsi e una volta toccati i 41,7°, il bimbo può morire da un momento all’altro.
Perfino il Brasile e Israele hanno iniziato a monitorare la fenomenologia, come riportato in un’inchiesta di Silvia Bonaventura, pubblicata da La Repubblica del luglio di quest’anno: dal 2006 al 2016 ci sono stati 45 casi con 24 decessi nello stato del Sudamerica, mentre la ricerca israeliana di Safe Kids parla di 381 episodi accertati, il 60% dei quali originati da un parente, mentre nel restante 40 i piccoli si erano chiusi dentro per gioco senza poter più uscire.
I pochi dati europei disponibili sono quelli che emergono dall’analisi della cronaca che Silvia Bonaventura fa esplorando la rete: per tutti il copione si ripete, con un genitore sicuro di aver lasciato al nido il figlio o la figlia, ma non esiste un database ufficiale. 

(ASAPS) 
di Lorenzo Borselli (Sovrintendente Capo della Polizia di Stato
Responsabile nazionale comunicazione di ASAPS)

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